C’E’ UNA POSTA PER TE
Ho già avuto modo di esprimere la mia opinione sulla situazione del carpfishing e della pesca in Italia, in questo articolo. Ora vorrei approfondire un altro argomento delicato quando si parla della nostra disciplina: le “poste” in acque libere.
Come tutti ben sanno, in libera non ci sono (salvo alcuni casi particolari) postazioni definite e tabellate. Specialmente in fiume e canale, una postazione diventa tale grazie al lavoro di uno o più pescatori che si impegnano a ripulire e rendere agibile una zona dell’argine. Di norma gli stessi pescatori provvedono poi a intraprendere una campagna di pasturazione per poi raccogliere (si spera) i frutti del proprio lavoro. Perchè di lavoro si tratta: non tutti i fiumi o canali hanno sponde “facili”, spesso quindi non si tratta di tagliare due erbacce e creare un paio di scalini. Si arriva fino all’estremo (che non condivido assolutamente) di tagliare alberi, spostare quantità pantagrueliche di terreno, creare veri e propri terrazzamenti abitabili dei quali, francamente, non c’è il bisogno.
Detto questo, ci sono comunque migliaia di pescatori con il sale in zucca che modificano quanto strettamente necessario all’attività di pesca, senza arrecare danno all’ambiente, al fiume o agli altri frequentatori. E su questi concentreremo l’analisi.
Per quanto si scelgano zone riparate, lontane dalle vie principali, e si cerchi di creare uno spazio il meno impattante possibile, prima o poi troveremo qualcuno a pescare nella “nostra” posta. Garantito. E scrivo “nostra” tra virgolette perchè sappiamo bene quanto le zone demaniali (argini) non siano di proprietà. Quindi, carta canta, se qualcuno vuole pescare proprio quel giorno, in quel posto ed è in regola con licenze e permessi, nulla gli si puo’ dire se non buona fortuna. Questo è il discorso a rigor di legge. Potete condividere o meno.
Come in molti ambiti, la cosa non finisce qui. Ce lo insegnano anche a scuola: ci sono le leggi, poi ci sono l’etica, il decoro e il buonsenso. Le famose regole non scritte, secondo cui se una cosa non è espressamente vietata non è detto sia automaticamente permessa.
Cosa significa buonsenso? Beh, mettiamola così: ho davanti un tratto di argine lungo 20 chilometri, ed un solo spazio in cui si vede chiaramente l’intervento umano, una “postazione”. Buonsenso dice che, molto probabilmente, in quel punto qualcuno pesca e non è difficile immaginare si tratti di un carpista. Quindi ci sono buone probabilità che se decido di passarci una paio di nottate, qualcuno venga a trovarmi con la stessa idea. Magari dopo aver pasturato qualche decina di chili di boilies.
A questo punto le strade sono due. Metterla giù dura, puntare su “il fiume è di tutti”, litigare e dover dormire con mezzo occhio aperto. La seconda, la più giusta, è parlare tra persone civili e appassionate. Perchè un carpista lo sa come funzionano le cose in fiume. Lo sa che pasturare fa la differenza. Lo sa quanto impegno serva a preparare una postazione in certi ambienti. Con il rischio di vedersela cancellata dalla prima piena. Fare finta di non saperlo non è accettabile, perdonatemi. Significa essere in malafede, significa credersi più furbo di qualche migliaio di altri pescatori. Significa anche cercare la pappa pronta, un atteggiamento che nella pesca non porta lontano. Di sicuro non vi aiuta a conoscere nuovi amici.
Lo so che ho scritto cose non condivisibili da tutti. Ci sarà sempre chi promuoverà la filosofia del “pesco dove voglio”. E, come già detto, dal punto di vista burocratico ha pure ragione. Ma a me piace ragionare con il buonsenso e con l’etica, quando serve. Ho pescato in poste di amici e conoscenti, con soddisfazione di entrambi. Conosco pescatori che condividono lo stesso spot senza problemi, anzi, dividendo il lavoro tra più braccia ne beneficiano tutti. E’ così difficile?