GEMELLAGGIO ROVIGO-TULCEA: L’INIZIO DI TUTTO
In tutti gli ambiti della politica e dell’amministrazione pubblica si verificano delle situazioni che, col senno di poi, appaiono difficili da spiegare e giustificare. Parlando di pesca, il nostro settore, saltano subito alla mente le mille diatribe insensate sull’alloctonia della carpa, gli scellerati progetti di contenimento selettivo del siluro e altre analoghe iniziative sulle quali è lecito sollevare più di un dubbio.
Questo il preambolo, ma come mai nel titolo si parla di accordo Rovigo-Tulcea e perchè è tanto importante per noi pescatori?
Tulcea è un municipio della Romania che conta circa 93.000 abitanti, il 3,4% circa dei quali appartiene al gruppo etnico dei Lipoveni (sui quali torneremo in seguito). Si tratta di una località a forte vocazione turistica, grazie alla vicinanza con il Delta del Danubio dichiarato Patrimonio dell’Umanità e Riserva della Biosfera dall’UNESCO. Sono quindi chiare le similitudini con Rovigo, città immersa nel Delta del Po, una incredibile risorsa turistica per un territorio storicamente difficile.
Su queste basi nasce il gemellaggio fra le due municipalità, ufficializzato nel 2012, e qui spunta la prima, strana coincidenza che ci aiuterà poi a ricostruire i fatti: pochi mesi dopo, la SOGEMI di Milano annuncerà attraverso un comunicato l’apertura al mercato dei pesci d’acqua dolce. Cos’è SOGEMI? La ditta che gestisce il Mercato Agroalimentare di Milano, uno dei più grandi in Italia. Nel comunicato (qui il link) si cita anche il pesce siluro.
Ora mettiamo in ordine qualche tassello. Il gemellaggio di cui sopra, tra le altre cose (alcune delle quali assolutamente ammirevoli, sia chiaro) semplifica anche i procedimenti per l’ottenimento di licenze di pesca professionale da parte dei cittadini di Tulcea. Di fronte a questa prospettiva, qualcuno fiuta l’affare: i pescatori provenienti dal Delta del Danubio (più che provenienti diciamo “caldamente invitati” a trasferirsi, spiegheremo meglio dopo) vengono indirizzati verso il piccolo Borgo Fiorito, a pochi passi dal Grande Fiume, dove per loro vengono predisposte strutture ricettive e dove in poco tempo si crea una vera e propria “enclave” di etnia lipovena.
Spieghiamo la parentesi di cui sopra. I Lipoveni sono, per tradizione, un popolo dedicato alla pesca in acqua dolce. Il loro però non è un rapporto equilibrato e sostenibile con l’acqua. Nel Delta del Danubio si limitavano a depauperare irreversibilmente un tratto di fiume, per poi spostarsi e ricominciare daccapo. Tanto che nel paese d’origine sono stati presi di mira e fermati con metodi decisamente “fermi” e senza mezze misure, con l’ausilio anche dell’esercito (qui un video, ma ne trovate centinaia online). Potete solo immaginare come abbiano impostato la loro presenza sul Po… Una situazione che anche in Romania commentano senza troppi giri di parole (leggete qui).
Come potete ben immaginare, non è nato tutto per caso da un giorno all’altro. Ci sono molte altre coincidenze da chiarire per arrivare ai veri motivi che hanno portato il bracconaggio ittico su scala industriale nelle acque italiane. Ne riparleremo presto.
Per chi avesse voglia e pazienza, ecco alcune fonti interessanti: